giovedì 13 agosto 2009

Siamo schiavi e resteremo schiavi.

Altro che impacciato, helicopter Bernanke il nuovo governatore della FED americana è un professionista degno erede di Mr. Greenspan. Con interventi apparentemente contraddittori e sconclusionati (ora aumento i tassi, ora li diminuisco, ma non troppo…forse…) sta tenendo i mercati finanziari e valutari a galla come un vero illusionista di professione. Tre parole azzeccate ed il gioco è fatto: dollaro giù, dollaro su euro su, oro giù, borse su ….una stampatina di monete da gettare dall’elicottero (appunto) e l’economia riprende…facile no?
Ovviamente non è da solo in questa avventura, ma è il direttore d’orchestra di tutte le altre bande centrali che aprendo e chiudendo i rubinetti creditizi e monetari, determinano la riuscita o il fallimento di nazioni, imprese e persone di tutto il mondo.

Altro che politica, altro che governi di destra o sinistra…i veri padroni del mondo sono loro. Con il giochino stupido stupido di rifilarci cartamonetastraccia contro ricchezza reale hanno soggiogato tutto il primo, il secondo e pure il terzo mondo, ma non basta chiedendo anche gli interessi tengono schiave miliardi di persone che si scannano le une con le altre per cercare accaparrarsi abbastanza denaro da restituire.
Il bello è che la cartamonetastraccia per gli interessi non viene deliberatamente stampata, quindi ogni giorno necessariamente c’è chi soccombe nella continua lotta alla ricerca del denaro e viene schiacciato, deriso, umiliato e emarginato dal sistema, mentre loro decidono come Dei della vita e della morte delle persone assaggiando chicchi d’uva matura e sorseggiando nettare nelle loro dimore sull’Olimpo.

Non ci credete? Bene, ve lo spieghiamo in un modo molto semplice: a fronte dell’emissione di denaro, la banda centrale chiede titoli di debito (obbligazioni) allo stato di pari importo – es. lo stato ha bisogno di 100 talleri, la banda centrale stampa 100 talleri a fronte di una promessa di restituzione da parte dello stato di 100 talleri più un modico tasso di interesse. Ora, immaginiamo che non esista altra moneta in circolazione se non quei 100 talleri, dove pensate che lo stato troverà i talleri in più per gli interessi?
Ovviamente da nessuna parte, NON ESISTONO! L’unica possibilità è toglierli da quei 100, ma allora si rinuncia ad una parte dell’investimento, oppure chiederli alla banda centrale che però li stamperà solo a fronte di altre obbligazioni e chiedendo altri interessi. Capito allora dove sta il trucco?

In pratica hanno creato un sistema per il quale la restituzione degli interessi è impossibile se non attraverso un nuovo indebitamento e la cosa è resa ancora più difficile perchè a fronte di talleri di cartastraccia alla banda centrale lo stato deve restituire ricchezza vera prodotta dal lavoro e dall’intelligenza delle persone.
Purtroppo però non finisce qui. Lo stato di per sé non produce niente, è solo un’invenzione giuridica e per far fronte ai sui impegni con la banda centrale chiede tasse sempre più alte ai suoi cittadini e alle sue aziende diminuendo sempre più i servizi erogati in modo proporzionale all’aumento del debito. I cittadini e le aziende a loro volta dovendo far fronte ad un costante aumento delle imposizioni statali sul reddito prodotto (Irpef, Irpeg ecc.) e sui beni consumati (accise, Iva ecc.), molte volte sono costretti ad indebitarsi attraverso il sistema bancario che a sua volta chiede altri e più sostanziosi interessi esattamente con lo stesso sistema della banca centrale solo che la moneta emessa sarà monetastracciavirtuale ovvero generata dal computer (sappiamo cosa state pensando…levatevelo dalla testa il vostro computer non è buono, quelli che creano denaro sono solo quelli delle banche!).

Attenzione, anche in questo caso però mancano i talleri per gli interessi, semplicemente NON ESISTONO.
Quindi lo stesso sistema con il quale vengono indebitati gli stati dalle bande centrali, viene utilizzato dalle bande commerciali per indebitare aziende e singoli e poiché lo stato non esiste i singoli, in pratica devono pagare due volte, una per l’indebitamento dello stato (importo nominale più interessi) e un’altra per l’indebitamento personale (importo nominale più interessi) a fronte di cosa? Di cartamonetastraccia in un caso e di monetastracciavirtuale nell’altro!
Adesso capite perché se il nostro PIL non cresce siamo immediatamente tutti più poveri?

Che per mantenere il nostro tenore di vita dobbiamo correre sempre di più?
Adesso vi è più chiaro cosa vogliono dire quando parlano di sana competizione? Significa che per restituire il prestito alla vostra banca dovete lottare nell’arena con gli altri per arrivare ad accaparrarsi quella poca monetastraccia di carta o virtuale togliendola a qualcun altro che non trovandone più disponibile verrà pignorato dei suoi beni, verrà dichiarato fallito e lasciato ai margini della società come persona indegna perché non è riuscito a procurarsi qualcosa che NON ESISTE!
Ah se sapessero che non è tutta colpa loro se non hanno trovato il denaro che non c’è se la loro azienda è fallita, se non sono riusciti a rientrare in tempo nei termini dello scoperto di conto corrente…ah se sapessero che sono vittima di un meccanismo perverso fatto a posta perchè ogni giorno qualcuno soccomba e sia fagocitato dagli uffici legali delle banche e dagli ufficiali giudiziari… se lo sapessero…

Se lo sapessero le famiglie dove prima lavorava solo il capofamiglia e manteneva quattro o più persone, mentre oggi solo per sopravvivere devono lavorare almeno in due ed a volte non basta…se sapessero che la casa che hanno acquistato con tanti sacrifici la pagheranno almeno il doppio alla banca che gli ha “concesso” un mutuo a 10-20 o 30 anni (una vita intera) con un semplice click sul computer ovvero semplice aria fritta, e se non riuscissero a pagare le rate ecco che la banca si prende la loro casa, la loro vita … ah se lo sapessero.
Se lo sapessero coloro che votano a destra o a sinistra perchè trionfi la pace, la libertà e la democrazia, perché vengano tutelati i loro interessi, se sapessero che quegli stessi politici che parlano di alti ideali e rispetto delle regole sono stipendiati due volte, una, piuttosto profumatamente, dalla comunità e l’altra dai loro veri padroni, sempre con i nostri soldi sia chiaro, che li hanno messi in quella posizione per eseguire meglio i loro ordini…se lo sapessero quelli che hanno votato la sinistra…se lo sapessero quelli che hanno votato la destra.

Se sapessero come hanno svenduto l’Italia nel 1992 e come continuano a farlo imperterriti, con quella faccia tosta di chi ha le spalle coperte dai potenti…se lo sapessero.
Se sapessero che in 10 anni di finanziarie ci hanno sottratto 240 miliardi di euro e con quella che verrà fanno 275 miliardi di euro ovvero 532.474.250.000.000 di lire. Pensate a quante cose si potevano fare con quei soldi che invece sono finiti nelle tasche delle banche centrali per ripianare un debito che NON ESISTE!
Ci hanno rubato tutto persino le parole. Non possiamo urlare Forza Italia senza pensare a Berlusconi, non possiamo dire pace senza pensare ai militari con i carri armati impegnati nelle missioni di peace-keeping (?!), alla democrazia senza pensare all’Afghanistan o all’Iraq e agli americani che la esportano come fosse una merce. Dicono che siamo un popolo libero e democratico, secondo noi un popolo è libero quando può scegliere, quando fischietta mentre lavora, quando i suoi figli crescono con l’amore della famiglia, ma come può esserci tutto questo con un sistema monetario creato per indebitare, soggiogare, derubare? che per onorare assurdi ed inesistenti debiti spinge le persone a lottare le une contro le altre?

Se vi guardate intorno vedrete sempre più persone correre dalla mattina alla sera per un pugno di cartastraccia per rincorrere scadenze, tasse, debiti, bollette, affitti, rate, multe, cartelle pazze ecc. non ne troverete nemmeno uno che mentre fa il suo lavoro fischietta ed e’ felice. Siamo davvero liberi o siamo i nuovi SCHIAVI?
Ahh se tutti loro sapessero queste cose… cosa pensate che farebbero?

PS: Henry Ford lo sapeva:
«È un bene che gli abitanti della nazione non capiscano abbastanza il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo facessero, credo che ci sarebbe una rivoluzione prima di domattina»

GIALAPPA'S vs SIGNORAGGIO BANCARIO

Le origini del nome "moneta" [modifica]

Nella nostra esperienza quotidiana la moneta è essenzialmente uno strumento di pagamento, un mezzo di scambio con cui paghiamo e siamo pagati.

In realtà la moneta ha avuto ed ha anche altre funzioni, ma nessuna di queste può essere rintracciata dall'etimo del suo nome che risulta particolarmente affascinante e che si deve alla famosa storia delle oche del Campidoglio.

Nel 396 a.C. Roma si trovava sotto l'assedio dei Galli di Brenno; sulla cittadella del Campidoglio vi era il tempio dedicato a Giunone dove venivano allevate delle oche sacre alla dea.

Una notte, al sopraggiungere dei Galli, le oche presero a starnazzare e svegliarono l'ex-console Manlio che dette l'allarme. L'attacco fu quindi sventato grazie alle oche sacre. Manlio aggiunse al suo nome il cognomen Capitolinus.

Da quel momento la dea Giunone acquisì l'appellativo di Moneta, dal verbo latino monere che sta per avvertire, ammonire, in quanto si credeva che avesse lei destato le oche per avvertire dell'arrivo dei Galli.

Successivamente, verso il 269 a.C., in prossimità del tempio di Giunone Moneta sul Campidoglio venne edificata la zecca che venne messa proprio sotto la protezione della Dea Moneta. A quel punto fu il linguaggio popolare a trasmettere l'appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a ciò che lì si produceva.

Il nomisma dei greci ed il nummus dei latini divenne quindi moneta.

La zecca si trovava dove oggi sorge la Chiesa di Santa Maria in Aracoeli.

Denaro e moneta [modifica]

È necessario fare un'importante distinzione tra il concetto di denaro e quello di moneta.

Il denaro è il circolante accettato del mercato, ossia da tutti, in un distinto periodo storico. I gettoni telefonici, i miniassegni degli anni '70, le caramelle date di resto al bar, le hours di Ithaca (N.Y.) sono un esempio di denaro. In antichità, prima della nascita della moneta in senso stretto, il denaro era costituito da svariate tipologie di oggetti e non solo: semi di cacao, conchiglie, barrette di ferro, spiedi, sale (da cui "salario") e così via.

La moneta (in senso stretto) è il circolante emesso dallo stato in un distinto periodo storico. La moneta quindi fa parte della categoria del denaro fino a quando viene accettata dal mercato. Le monete fuori corso e le monete svalutate non sono più denaro in quanto nessuno le accetta.

Storia della moneta [modifica]

Dal baratto alla moneta [modifica]

In assenza di moneta lo scambio di beni e servizi comporta il ricorso al baratto. Lo scambio di beni o servizi contro altri beni o servizi tipicamente risulta funzionale in economie caratterizzate da ridotta frequenza delle transazioni.

Qualora il venditore non desiderasse ricevere, in cambio del bene ceduto, il bene che gli viene proposto, può rifiutare lo scambio oppure accettare il bene proposto per poi rivenderlo ad altri in cambio di un bene gradito oppure di un bene che a sua volta consenta di ottenere quanto desiderato.

Così il venditore può ottenere il bene desiderato solo dopo una serie di scambi (baratto multiplo), che non facilitano la compravendita di beni e servizi: l'assenza di un mezzo di pagamento di diffusa accettazione frena certamente gli scambi (scarsa efficienza allocativa), impedendo così anche l'evoluzione della specializzazione produttiva e il conseguente aumento di produttività (scarsa efficienza nella produzione).

Inoltre in assenza di moneta è quasi impossibile il risparmio. Chi produce un bene deve consumarlo o venderlo prima che deperisca (si pensi ai generi alimentari) e solo una piccola parte dei beni può essere conservata e consumata in futuro.

Inoltre il baratto diventa difficile da realizzare per beni indivisibili. Un esempio può essere offerto dai capi di bestiame (vivo).

All'aumentare della frequenza degli scambi, diventa perciò necessario che subentri in gioco un mezzo accettato in pagamento da tutti gli operatori economici, che conservi il proprio valore nel tempo (altrimenti verrebbe meno parte dell'accettazione) e sia facilmente divisibile.

I primi beni a fungere da mezzo di scambio ("moneta" in senso lato) presentano probabilmente i caratteri della non deperibilità, della notevole disponibilità e diffusione (negli scambi), della facile verificabilità della loro qualità: la prima caratteristica favorisce la tesaurizzazione in attesa di scambi futuri desiderati ma incerti; la seconda caratteristica garantisce una diffusa accettazione (che a sua volta ne accresce ulteriormente la diffusione, innescando un meccanismo moltiplicativo); la terza caratteristica riduce le incertezze legate al pagamento e aumenta quindi l'accettazione di tali beni come mezzo liberatorio di pagamento.

Solo successivamente fanno la loro comparsa, come strumenti di pagamento, i metalli preziosi, in considerazione soprattutto della loro notevolissima resistenza rispetto al trascorrere del tempo.

Nelle economie occidentali i metalli preziosi si sono affermati come strumenti di pagamento, in particolare con la loro trasformazione in monete d'oro, d'argento o di altri metalli preziosi.

Con riferimento a questi primi strumenti di pagamento, consistenti di fatto in beni con un proprio valore intrinseco, si usa l'espressione moneta merce.

La moneta in metallo prezioso [modifica]

Nelle economie rinascimentali chi dispone di metallo prezioso (oro o argento) può portarlo alla zecca, gestita da chi esercita il potere politico, perché diventi moneta. La zecca trattiene parte delle monete coniate per coprire le spese di coniazione e come signoraggio.

Il signoraggio e le spese di coniazione impediscono che il valore nominale delle monete coincida con il valore intrinseco, che dipende dalla quantità di metallo prezioso (spesso l'oro) in esse contenuto; questo serve anche a proteggere la moneta dal pericolo d'essere usata come metallo e non come valuta.

L'impiego di monete metalliche in oro o argento consente di regolare facilmente gli scambi internazionali perché i metalli preziosi sono accettati ovunque. Chi riceve in pagamento la moneta di un paese straniero può usarla anche nel proprio, se è accettato l'uso della moneta straniera, oppure fondendo il metallo prezioso e usandolo per coniare monete accettate nel proprio paese.

La nascita delle banconote [modifica]

Monete giapponesi

L'impiego di monete metalliche in oro o argento presenta tuttavia due limiti insormontabili.

Il primo limite riguarda la possibilità di controllare l'offerta di moneta.

La moneta è infatti un mezzo di scambio che serve a regolare gli scambi. Più grande è il prodotto interno lordo di un paese, più numerosi sono gli scambi e maggiore è la quantità di moneta necessaria a regolarli. L'offerta di metalli preziosi non è una variabile che si può controllare facilmente, dipendendo dalla produzione delle miniere e dagli afflussi e dai deflussi di metallo prezioso da e verso l'estero, per esempio attraverso il regolamento dei saldi commerciali.

L'uso di monete in metallo prezioso ha inoltre effetti potenzialmente destabilizzanti sull'economia. Se la quantità di moneta cresce troppo, per effetto di un surplus commerciale o della scoperta di nuovi giacimenti di metallo prezioso, si produce un aumento della domanda di beni e servizi superiore all'offerta (nelle economie che usano monete in metallo la crescita è in genere assai limitata) e quindi aumentano i prezzi (inflazione). In caso contrario si assiste al calo dei prezzi (deflazione).

Il secondo limite riguarda i trasferimenti di denaro.

L'uso di monete metalliche comporta notevoli problemi di sicurezza nel trasferimento di grandi somme di denaro, sia per il rischio di furti che per quello di perdite, ad esempio nei commerci via nave. È quindi opportuno usare strumenti di pagamento differenti, di tipo cartaceo, che trasformano la moneta metallica in banconota o in ordine di pagamento.

A introdurre l'uso delle prime banconote sono i banchieri, che a fronte dei depositi in oro effettuati presso le banche stesse, emettono titoli rappresentativi del credito in oro nei loro confronti, attribuendo al depositante/possessore del titolo il potere di scambiare le banconote presso un altro banchiere collegato col primo da legami d'affari, evitando così le spese e i rischi connessi al trasporto della moneta metallica (in genere i banchieri distribuiscono strategicamente la loro attività nei più importanti luoghi dove si concentrano gli scambi di merci), oppure il potere di utilizzare direttamente le banconote come strumenti di pagamento (purché vi sia la fiducia del venditore nei confronti della solvibilità del banchiere emittente, e la verificabilità della veridicità del titolo stesso).

Successivamente le banche cominciano ad "emettere" moneta cartacea, ovvero iniziano a stampare banconote (titoli di credito nei confronti dei depositi in oro detenuti dalla banca) per un ammontare maggiore rispetto alla capacità di copertura aurea delle banconote stesse. Questa procedura (per certi versi rischiosa, dal punto di vista della solvibilità) è incoraggiata fondamentalmente da due fattori:

  • da un lato la considerazione del fatto che in realtà il "circolante" maggiormente e stabilmente diffuso negli scambi è ormai rappresentato dalle banconote (le effettive conversioni in oro effettuate dai possessori di banconote sono diventate molto rare);
  • dall'altro lato la possibilità di ottenere elevati profitti, attraverso gli interessi dei prestiti effettuati in banconote di nuova emissione.

Il Sistema Aureo [modifica]

In epoca industriale diventa importante disporre di monete in quantità sufficiente a soddisfare le esigenze di economie in forte crescita. Contemporaneamente il diffondersi del benessere amplia il numero di chi può risparmiare.

Nascono perciò banche che raccolgono il risparmio e prestano denaro, sotto forma di depositi bancari oltre che di banconote.

L'oro e l'argento si trasformano gradualmente in riserve, uscendo dai commerci per entrare nei forzieri delle banche centrali. Vengono usati per regolare i deficit delle bilance commerciali. Poco per volta si fa strada la regola secondo cui le autorità monetarie possono emettere moneta fino ad un valore massimo pari ad alcune volte il valore dell'oro detenuto.

Le autorità monetarie possono così regolare la quantità di moneta in funzione dei propri obiettivi di politica monetaria, mentre le riserve di metalli preziosi servono a regolare i saldi nella bilancia dei pagamenti.

Tale sistema, noto come sistema aureo (o gold standard), viene adottato verso la fine dell'Ottocento da tutte le principali economie occidentali.

Ha il vantaggio di rendere più flessibile la creazione di moneta e tuttavia il limite che, in presenza di un paese con una bilancia dei pagamenti costantemente in deficit, devono essere presi provvedimenti per evitare che si esauriscano le riserve di tale paese.

Il ricorso alla svalutazione è la risposta, che però si ripercuote anche sul valore delle altre monete, provocando situazioni di instabilità che si diffondono rapidamente dall'economia in difficoltà alle economie ad essa collegate.

Bretton Woods [modifica]

La soluzione che viene escogitata durante la Conferenza di Bretton Woods, dopo la fine della seconda guerra mondiale, consiste nel prevedere finanziamenti da parte dei paesi in surplus (primo fra tutti, gli USA) a favore dei paesi in deficit.

Le riserve in oro perdono il ruolo di primo piano giocato fino a quel momento e lasciano spazio al dollaro, come moneta alla base del sistema monetario internazionale. A sua volta il dollaro è convertibile in oro.

L'abbandono di ogni legame con l'oro [modifica]

Anche il sistema di Bretton Woods non regge alla prova del mercato e di una economia che diventa sempre più complessa e nella quale operano interessi sempre più consistenti. La fine della convertibilità del dollaro in oro viene decretata dal presidente americano Nixon quando appare chiaro che il sistema è troppo oneroso per gli USA.

Si passa così nel 1971 ad un sistema di cambi flessibili: i deficit non generano più flussi di oro o di altri beni a favore del paese in surplus, ma danno luogo a svalutazioni delle monete.

Teoricamente qualunque metallo può essere riserva o materiale di conio della moneta. Quando la moneta inizia a essere stampata su carta o su un supporto metallico che non ha un valore (se fuso e rivenduto) pari a quello nominale, quantità dello stesso materiale vengono accumulate a riserva. Il passaggio alle riserve si ha quando l'oro o il metallo di conio non è disponibile in quantità sufficienti per le monete che si vogliono emettere.

Dapprima si coniano monete con una quantità di metallo inferiore al valore nominale, progressivamente ridotta. I forzieri e le riserve non sono accessibili pubblicamente e non è possibile accertare il loro ammontare effettivo.

Le autorità monetarie possono quindi emettere moneta nella quantità desiderata e non più in base alla quantità di oro o di altri metalli preziosi presenti nei propri forzieri.

Con riferimento a questi strumenti di pagamento, privi di qualsiasi contropartita in beni, si usa l'espressione moneta legale (o moneta a corso legale), in contrapposizione al concetto di moneta merce.

Valore della moneta [modifica]

Valore intrinseco della moneta [modifica]

Il valore intrinseco di una moneta è il valore dello strumento (per esempio la moneta metallica o la banconota) usato come moneta. Esso dipende dal valore del bene che compone la moneta. Una moneta cartacea, come un biglietto da 10 €, ha un valore intrinseco pari al costo per produrlo, vale a dire pari al costo degli inchiostri, della stampa, del trasporto dalla zecca alla banca, dei diritti sul sistema anti-falsificazione, ecc. Una moneta metallica, come la moneta da 1 €, ha un valore intrinseco pari al costo per coniarla.

Il costo di una moneta elettronica dipende dalla necessità di addebitare ad un conto bancario e accreditare ad un altro una certa somma di denaro.

Di solito si tratta di costi modesti. Il valore intrinseco delle monete moderne è quindi assai basso, con l'eccezione delle monete che assumono un interesse per gli esperti di numismatica.

Il loro valore intrinseco resta basso, ma la rarità, il desiderio di collezionarle e tutto quanto alimenta l'interesse dei numismatici contribuiscono a dare ad esse un valore.

Il passaggio graduale dall'uso delle monete in metallo prezioso a monete immateriali ha abbattuto il valore intrinseco della moneta e conseguentemente anche i costi per produrla. La riduzione dei costi è avvenuta contemporaneamente alla crescita dell'economia che ha reso necessario l'uso di quantitativi sempre più grandi di moneta.

Se non si fosse verificata diminuzione dei costi per emettere moneta, al crescere della domanda di moneta sarebbe cresciuto il costo totale di emissione. Di conseguenza si sarebbe dovuta destinare una parte consistente della maggiore ricchezza alla creazione dello strumento monetario.

Per tale ragione è impensabile l'uso dell'oro o l'argento come moneta nelle economie moderne: se anche fosse disponibile tanto oro da soddisfare la domanda di moneta, il costo per procurarsi la moneta sarebbe estremamente elevato.

Valore nominale della moneta [modifica]

Altra cosa è il valore nominale delle monete. Il valore di ciascuna moneta è quello segnato sulla moneta stessa. È indispensabile nelle economie moderne disporre di mezzi di pagamento nella quantità necessaria a regolare flussi di scambi sempre maggiori. Questo implica per le autorità monetarie la libertà di emettere moneta nella quantità che esse ritengono adeguata ad un buon funzionamento del sistema dei pagamenti.

La moneta non viene emessa a fronte di riserve di oro detenute dalla banca centrale, come avveniva in passato, né quindi può essere ceduta alla banca emittente in cambio di oro o di un altro bene.

La circolazione della moneta e quindi il riconoscimento del suo valore nominale dipendono solo ed esclusivamente dalla fiducia che chi riceve in pagamento una certa quantità di denaro ha di poter a sua volta cedere ad altri il denaro in cambio di beni e servizi. Questo "meccanismo fiduciario" garantisce che il valore nominale sia anche il valore reale della moneta.

A rafforzare tale meccanismo basato sulla fiducia reciproca intervengono naturalmente tutti i sistemi anti-contraffazione, che offrono ai cittadini una elevata probabilità che al denaro posseduto (e ricevuto da altri) sia riconosciuto il valore nominale riportato su banconote e monete e non il valore intrinseco di biglietti e monete prive di valore legale.

Ma soprattutto il meccanismo fiduciario viene integrato dall'obbligo legale di accettare in pagamento la moneta legale del proprio paese e dalla regola, contenuta nel codice civile, che afferma che una volta effettuato il pagamento l'obbligazione si estingue, liberando per sempre il debitore.

In termini più semplici possiamo dire che una banconota da 20 € vale 20 € perché chiunque, accettandola in pagamento, è sicuro che altre persone, alle quali a sua volta verrà ceduta la banconota, riconosceranno (per volontà propria e perché obbligati dalla legge) che tale banconota vale 20 €.

Potrebbero riconoscere ad essa un valore diverso solo se la banconota fosse falsa (e in questo caso il valore sarebbe vicino allo zero) o se la banconota avesse valore in quanto interessante per i numismatici.

In sintesi, le monete cartacee oggi usate (totalmente svincolate dalle quantità di metalli preziosi) hanno valore in quanto mezzo di pagamento stabile riconosciuto nell'economia di un certo paese:

  • la stabilità è garantita dal controllo sull'emissione da parte delle banche centrali (la crescita dell'offerta di moneta deve essere infatti in linea con la crescita dell'economia, altrimenti eventuali eccessi si riproducono nel lungo periodo come inflazione);
  • il riconoscimento come mezzo di pagamento è garantito dalla legge;
  • infine il potere d'acquisto stabile e giuridicamente riconosciuto della moneta è rilevante solo in quanto può essere rivolto a beni e a prodotti finanziari desiderati, che sono prodotti e offerti dal paese in cui circola quella moneta.

In pratica, nessuno di noi accetterebbe un "pezzo di carta" in cambio di un bene, se quel pezzo di carta non ci consentisse di acquistare altri beni, se esso perdesse il suo valore nell'intervallo di tempo in cui lo deteniamo prima di scambiarlo con un altro bene, se esso attribuisse un potere d'acquisto puramente formale in un'economia di fatto improduttiva e inesistente.

Svalutazione della moneta [modifica]

La svalutazione è la perdita di valore di una moneta nei confronti di beni e servizi, comprese altre monete.

In passato, quando le monete erano composte da metalli preziosi, il valore nominale poteva essere più o meno vicino a quello del metallo prezioso contenuto. Se i governanti sostituivano parte del metallo prezioso con metallo comune (in particolare rame), allo scopo di emettere una maggiore quantità di denaro, la moneta finiva per perdere valore reale. E lo stesso avveniva se si imponeva ad una moneta già in circolazione un valore nominale superiore a quello avuto in precedenza rispetto ad altre monete dello stesso sistema monetario.

Infatti, una volta fuse, le monete rivelavano il loro vero valore che se non coincideva con il valore nominale, avrebbe portato a rifiutare la moneta contenente metalli poco nobili.

Ai nostri giorni non si usano più monete composte da metalli preziosi e le ragioni della perdita di valore di una moneta sono da attribuirsi all'operare della domanda e dell'offerta delle monete che servono a regolare le transazioni economiche (essa può anche essere indotta dall'uso della politica monetaria come strumento di politica economica da parte della banca centrale: una svalutazione competitiva per favorire la domanda di beni nazionali).

La svalutazione rende più costose le merci importate e di conseguenza può avere conseguenze sull'inflazione del paese che svaluta. E inoltre rende più convenienti i prodotti del paese che svaluta sui mercati esteri.

La fiducia come fondamento del valore di una moneta [modifica]

Normalmente gli strumenti impiegati come moneta non sono beni di consumo per chi li riceve. Questo vale per la carta-moneta (un biglietto da 50 euro ha un valore come banconota, mentre come pezzo di carta non ha praticamente nessun utilizzo), ma anche per l'oro, il cui impiego come bene intermedio o di consumo è assai limitato.

La ragione per la quale queste monete vengono accettate in pagamento risiede nella fiducia di chi le riceve che altri faranno altrettanto, accettando in pagamento monete, banconote, depositi bancari o titoli di stato.

Senza tale fiducia difficilmente una moneta sarebbe accettata in pagamento e neppure il corso legale di una moneta, ovvero l'obbligo di accettarla in pagamento, potrebbe molto contro il rischio di trovarsi in mano carta straccia o un deposito bancario inutilizzabile.

Si spiega quindi l'impiego nell'antichità dell'oro come mezzo di pagamento. L'oro era accettato ovunque perché tutti ritenevano che altri avrebbe accettato di essere pagati in oro. La stessa caratteristica è oggi posseduta dal dollaro e da altre monete e da alcuni beni.

L'emissione di moneta [modifica]

L'emissione in un sistema con sole monete metalliche [modifica]

Nelle economie primitive, circolavano quasi esclusivamente monete metalliche coniate impiegando da metalli preziosi. Si creava moneta ogni qual volta si coniavano le monete. Il metallo prezioso proveniva dalle miniere e dall'estero, in seguito a saldi commerciali positivi, regolati usando metalli preziosi.

La quantità di moneta circolante nell'economia poteva quindi aumentare o diminuire, nel caso di deficit commerciali regolati cedendo metalli preziosi, non compensati dalle nuove estrazioni minerarie. Le variazioni della quantità di monete aveva effetti sui prezzi. I prezzi aumentavano o diminuivano (deflazione) con la quantità di moneta e con effetti che si ripercuotevano su salari e occupazione.

L'emissione di moneta da parte delle banche [modifica]

L'evoluzione dell'economia porta poi alla creazione, accanto alle monete metalliche, della moneta bancaria (da non confondere con la moneta bancaria intesa come il complesso degli strumenti di pagamento forniti oggi dalle banche, in aggiunta alla moneta legale in circolazione). Il deposito dell'oro in sovrappiù presso gli orafi, alcuni dei quali si trasformano in banchieri e prestano il metallo prezioso ricevuto e non trattenuto come riserva, favorisce la nascita di un sistema creditizio, nel quale le passività dei banchieri diventano moneta. Ogni banca finisce per emettere una propria moneta, che è accettata in pagamento, solo se la banca è ritenuta solvibile.

La creazione di moneta da parte della banca centrale [modifica]

La molteplicità delle monete e degli emittenti, fonte di instabilità e di periodiche crisi finanziarie, viene affrontata decidendo di concentrare il potere di emettere moneta nelle mani di un unico soggetto, la banca centrale.

In tal modo si limita il potere di erogare credito da parte delle banche, che non possono superare il limite imposto loro dall'obbligo di detenere parte della raccolta sotto forma di riserve (oggi non più in oro, ma in attività estremamente liquide), e si attribuisce alla banca centrale il potere di rifinanziare le banche, quando occorra. Tale potere serve sia a far crescere l'offerta di moneta, attraverso l'aumento della base monetaria da parte della banca centrale, sia a garantire la solvibilità delle banche.

La moneta nel bilancio della Banca Centrale [modifica]


« Il biglietto di banca rappresenta un debito dell'istituto che lo emette e naturalmente un credito per chi lo possiede...È un'idea che pare semplice, ma che ha richiesto alcuni secoli per essere messa a punto »

(Alfredo Gigliobianco: Via Nazionale, Donzelli, 2006, pag. 377))

La banca centrale emette moneta acquistando titoli di debito di stati, banche o imprese. È bene sottolineare che le banche centrali non acquistano titoli di stato direttamente dallo Stato ma da chi li ha acquistati precedentemente e intende rifinanziarsi cedendo i titoli posseduti.

Nella contabilità della banca centrale la scrittura contabile relativa all'acquisto dei titoli è la seguente:

titoli   @   moneta   100

La banca centrale acquista i titoli da una banca ordinaria che li possiede direttamente o per conto dei propri clienti.

L'acquisto di titoli viene registrato in dare di una voce che appartiene allo stato patrimoniale della banca centrale, mentre in avere di una voce allo stato patrimoniale si registra il debito nei confronti del venditore, la banca ordinaria.

A sua volta la banca ordinaria registrerà la seguente scrittura contabile:

moneta    @  titoli   100

La banca ordinaria ha infatti un credito in moneta nei confronti della banca centrale per aver venduto i titoli, la cui cessione comporta una registrazione in avere del conto titoli.

La banca centrale può regolare il debito nei confronti della banca ordinaria versando ad essa banconote oppure riconoscendogli un credito di conto corrente. Credito per la banca ordinaria cui corrisponde un debito per la banca centrale.

La moneta, in senso lato (da non confondersi con le sole banconote o con le monete metalliche, che sono solo una piccola parte della moneta) è dunque nella contabilità della banca centrale un debito verso la banca ordinaria dalla quale sono stati acquistati i titoli.

Poiché solo una parte modesta dell'enorme massa di transazioni delle economie moderne avviene con l'uso di banconote, le banche ordinarie che cedono i titoli propri o della clientela alla banca centrale usufruiscono per lo più degli accrediti in conto corrente presso la Banca Centrale.

Alla scadenza dei titoli, la Banca Centrale li rivende all'emittente (può venderli anche prima della scadenza, se lo ritiene conveniente).

La moneta emessa in precedenza ritorna alla Banca Centrale, che tuttavia, se non ha l'obiettivo di ridurre la quantità di moneta in circolazione nell'economia, emette nuova moneta acquistando altri titoli.

Il processo di emissione di moneta acquistando nuovi titoli in sostituzione di quelli rimborsati è senza fine e man mano che l'economia cresce, cresce anche la massa di titoli acquistati e quindi di moneta emessa.

La moneta infatti è uno strumento, essenziale per il funzionamento dell'economia e spetta alla Banca Centrale regolarne la quantità in circolazione, attraverso l'emissione di moneta a fronte della quale vengono acquistati titoli, per lo più di stato (BOT,CCT, ecc).

La moneta bancaria oggi [modifica]

Nei sistemi monetari attuali il potere di produzione della moneta appartiene esclusivamente alla banca centrale, tuttavia le banche ordinarie continuano comunque, in un certo senso, a "produrre moneta" (in senso lato, ovviamente): non certo stampando banconote proprie (come facevano i banchieri del passato, a fronte di una copertura non totale in oro), ma emettendo strumenti di pagamento bancari (moneta bancaria, nel senso odierno del termine) a fronte dei depositi in moneta legale ricevuti (senza però tenere totalmente immobilizzati questi depositi), grazie alla loro elevata e professionale capacità di gestione della liquidità (di fatto "moltiplicando" la "liquidità" presente nell'economia). Questa cosidetta moltiplicazione della moneta, viene effettuata utilizzando la riserva frazionaria che è di per se una truffa.

Emissione di moneta e inflazione [modifica]

Per decenni le banche centrali hanno operato seguendo le direttive dei rispettivi governi, che hanno promosso la creazione di moneta per finanziare l'eccedenza di spesa pubblica che non poteva essere coperta dall'imposizione fiscale. L'obbligo di sottoscrivere i titoli non collocati ha gravato fino al 1981 sulla Banca d'Italia. Gli aumenti della base monetaria sono stati all'origine di forti aumenti dei prezzi. Il tasso di inflazione ha raggiunto, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, anche livelli del 20-25% annuo.





GIALAPPA'S vs SIGNORAGGIO BANCARIO


La DOMANDA FONDAMENTALE CHE UNO SI DEVE FARE E QUESTO è VERO O NON E VERO ?
MA PER SAPERE QUESTO , BIDSOGNA ANDARE A VEDERE SE DAVVERO IL DENARO SI PUO STAMPARE COSI...... PER GIOCO, E NON HA COPERTURA IN ORO...ma devi conoscere anche questo...................................bretton woods, cosa era ?

La conferenza di Bretton Woods, che si tenne dal al 22 luglio 1944 nell'omonima cittadina appartenente alla giurisdizione della città di Carroll (New Hampshire, USA), stabilì regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo.

Gli accordi di Bretton Woods furono il primo esempio nella storia del mondo di un ordine monetario totalmente concordato, pensato per governare i rapporti monetari fra stati nazionali indipendenti.

Mentre ancora non si era spento il secondo conflitto mondiale, si preparò la ricostruzione del sistema monetario e finanziario, riunendo 730 delegati di 44 nazioni alleate per la conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite (United Nations Monetary and Financial Conference) al Mount Washington Hotel, nella città di Bretton Woods (New Hampshire). Dopo un acceso dibattito, durato tre settimane, i delegati firmarono gli Accordi di Bretton Woods.

Gli accordi erano un sistema di regole e procedure per regolare la politica monetaria internazionale.

Le caratteristiche principali di Bretton Woods erano due; la prima, l'obbligo per ogni paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro, che veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; la seconda, il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali, assegnato al Fondo Monetario Internazionale (o FMI).

Il piano istituì sia il FMI che la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (detta anche Banca mondiale o World Bank). Queste istituzioni sarebbero diventate operative solo quando un numero sufficiente di paesi avesse ratificato l'accordo. Ciò avvenne nel 1946.

Nel 1947 fu poi firmato il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade - Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio) che si affiancava all'FMI ed alla Banca mondiale con il compito di liberalizzare il commercio internazionale.



eccone anche una prova dell'esistenza da parte di tremonti.






puoi sempre non credere se vuoi.. eppure è esistito: perche ...................

L'origine degli accordi di Bretton Woods [modifica]

Le basi politiche degli accordi di Bretton Woods vanno cercate nella forte presenza dello stato nella economia (banche e industria, sia in USA e URSS che in tutto il mondo industrializzato) e nella confluenza di circostanze chiave: le comuni esperienze negative degli stati nella grande depressione, la concentrazione di potere in un determinato numero di stati, la presenza di un potere dominante disposto ad assumere un ruolo di direzione/coordinamento ed in grado di svolgere tale ruolo.

La Grande Depressione - le esperienze degli stati

Un elevato livello di intese tra le potenze sugli obiettivi e sugli strumenti di amministrazione economica internazionale facilitò le decisioni raggiunte dal congresso di Bretton Woods: il fondamento di quell'accordo era una fiducia comune in un sistema basato sul capitalismo. Questo sebbene alcuni paesi sviluppati abbiano preferito basarsi su principi differenti nell'economia nazionale, (in Francia, per esempio, si preferisce una pianificazione centralizzata ed interventi statali, mentre gli Stati Uniti preferiscono un intervento statale limitato); ma tutti si sono basati sugli stessi principi per quanto riguarda le politiche che regolano i meccanismi del mercato e la tutela della proprietà privata dei mezzi di produzione.

Tuttavia la comunione di intenti superava di gran lunga le differenze politiche. Infatti tutti i governi che siglarono gli accordi di Bretton Woods concordarono sul fatto che la dura lezione del caos monetario del periodo tra le due guerre fosse sufficiente per placare gli animi e superare le divergenze.

Nella mente degli economisti era bene impressa la recente esperienza della Grande depressione, durante la quale i controlli sul tasso di cambio e le barriere commerciali avevano portato al disastro economico.

Gli accordi di Bretton Woods diedero la speranza di superare la sconfitta completa degli anni '30, periodo in cui il controllo del mercato dei cambi aveva minato il sistema di pagamenti internazionali su cui era basato il commercio mondiale.

In quel periodo, infatti, i governi avevano usato politiche di svalutazione per far crescere le esportazioni giocando sulla competitività del cambio, con lo scopo di ridurre il deficit della bilancia dei pagamenti, causando, però, come effetti collaterali la caduta a picco delle entrate nazionali, la riduzione della domanda, un aumento esponenziale della disoccupazione ed un declino complessivo del commercio mondiale.

Gli scambi si ridussero a ristretti blocchi di monete (di gruppi di nazioni che usano la stessa valuta, come ad esempio il blocco della sterlina inglese nell'impero britannico). Questi blocchi ritardarono la circolazione di capitali e le opportunità di investimenti stranieri. Tuttavia, questa strategia, tesa ad aumentare i redditi dei singoli paesi nel breve periodo, provocò disastri nel medio e lungo periodo.

Sporchi trucchi delle Banche Centrali

Il crollo dei mercati azionari mondiali è stato accompagnato da alcune manovre dietro le quinte che vale la pena di sottolineare.
E' ovvio che il calo del dollaro viene pilotato dalla Federal Reserve: così svaluta l’immenso debito americano, e screma il potere d’acquisto delle montagne di dollari in possesso di Cina, Giappone Germania ed altri esportatori, specie petroliferi.
I grandi detentori di dollari hanno tentato di resistere.

Tokio specialmente ha manipolato il cambio dello yen, perché un dollaro basso sottrae valore ai profitti degli esportatori nipponici e alle multinazionali che hanno comprato imprese in USA.
La Germania ha brontolato, perché un rafforzamento dell’euro danneggia il suo export.
Mosca ha minacciato di sostituire il dollaro come riserva.
Poi è arrivato l’ordine dal Bilderberg per bocca del suo membro Martin Wolf, direttore del Financial Times: «lasciate cadere il dollaro, altrimenti è il collasso globale!».
E tutti hanno ubbidito.

Ben Bernanke l’aveva detto chiaro il 21 marzo, che la FED era pronta a convivere con un dollaro basso: «i deficit commerciali USA non possono continuare ad allargarsi per sempre, ma non è necessario che generino un declino precipitoso del dollaro, né che tale declino, ove accada, debba necessariamente scuotere i mercati finanziari, la produzione o l’occupazione».
Tradotto in chiaro, era l’annuncio dell’acrobatico tentativo: deprezzare la moneta di riserva mondiale in modo piano e regolare - facendo pagare agli altri le spese della cicala americana - mantenendo nel pubblico idiota l’illusione del continuo «boom».
Due mesi dopo l’annuncio, però, il dollaro è sotto attacco speculativo, e in un clima di panico lo Standard & Poor perde il 4,5%.

Il 14 maggio, perciò, viene sparsa la voce che il Fondo Monetario è impegnato in colloqui dietro le quinte con i responsabili di UE, Giappone, Cina ed altri per studiare misure riguardanti la svendita dei dollari che scuote i mercati.
Miracolo: il 15 mattina, mezz’ora prima dell’apertura del mercato dell’oro a Londra, «qualcuno» getta sul tavolo un’offerta eccezionale del metallo giallo.
L’oro, che sale da tre anni ad altezze stratosferiche fino a 730 dollari l’oncia, cade di 35 dollari.
E’ evidentemente questa la misura presa dietro le quinte.
A quale scopo?

Cercare di detronizzare l’oro dalla posizione naturale che stava riprendendosi, quella di monetadi riserva.
Ricordiamo che mentre le monete di carta sono promesse di pagamento di qualcuno che può essere insolvente (e di fatto lo è), l’oro ha dentro di sé il suo attivo.
La sua ascesa ha rivelato che resta, come copertura monetaria contro l’inflazione, uno strumentopiù sicuro delle azioni in trionfante rialzo.
Le azioni salgono e salgono, ma il loro valore contro l’oro cala.
Bisogna quindi impedire che l’oro torni ad imporsi come moneta.

E’ una politica tradizionale delle Banche Centrali, quella di rompere il legame psicologico tra i prezzi dell’oro e i tassi dei titoli di debito.
Nel settembre 2003 la Banca Centrale olandese ha svenduto mille tonnellate d’oro e reso noto che ne avrebbe vendute altre 700.
«Ci siamo alleggeriti del 50% delle nostre riserve auree, e questo dice come consideriamo l’oro», proclamò il governatore olandese Nout Wellink.
Sostanzialmente, sterco.

Altre banche hanno seguito l’esempio, compresa Bankitalia.
Svendendo come sterco le ricchezze dei loro cittadini e contribuenti.
Così ora l’oro è ribassato, ed ora è anch’esso nel vortice ribassista che ha coinvolto metallie materie prime, persino il petrolio.
Ma c’è una differenza: il boom dei metalli industriali era dovuto in più gran parte alla speculazione. L’oro ha ristabilito invece un regime di «gold standard di fatto»; può andare giù e su anche selvaggiamente, come ha fatto nel complessivo rialzo dei quattro anni passati, ma per detronizzarlo occorre più di qualche trucco.
Occorre la fiducia mondiale in Ben Bernanke e nelle Banche Centrali, fiducia che non c’è più.

Il gold standard di fatto già impone la sua disciplina ai ridicoli maghetti delle Banche Centrali.
Più loro pompano denaro di carta ed elettronico per gonfiare i loro mercati azionari (illusione di boom eterno), più l’oro rincara.
L’oncia è passata da 350 euro di settembre 2005 a 570 euro dell’11 maggio 2006.
L’EuroStoxx-600 (seicento azioni) sale in termini di euro, ma in once d’oro passa da 0,81 a 0,60, rivelando l'illusione ottica.

Alla lunga, la tendenza del metallo giallo è ineluttabilmente rialzista.
In questo genere di sporchi trucchi, si è distinta per servilismo criminale la Banca Centrale Europea, BCE.
Ricordate il suo proclamato principio?
«Mantenere la stabilità dei prezzi», ossia bloccare l’inflazione sotto il 3%.

Quella politica ideologica di lesina è costata agli europei milioni di posti di lavoro e crescita zero. Ma dopo aver tenuto per anni la massa monetaria stitica, di colpo la BCE ha aperto i cordoni.
A marzo, la moneta M3 messa in circolazione è cresciuta di un vertiginoso 8,6%, con espansione continua per tre mesi.
I prestiti al settore privato, altro modo di accrescere la liquidità, sono cresciuti del 10,8%,
come non si vedeva dal ‘92.
La crescita dei mutui ha superato il 12,15.
E tutto ciò, mentre ci parlano di un'inflazione del 3%, e ammettono a mezza bocca che è del 4,5.

Lo scopo?
Continuare a far crescere i mercati azionari in valore nominale, rimettere in tasca denaro agli speculatori perché non falliscano.
Quando si trattava di salvare i lavoratori, la lesina; per sostenere la speculazione, e allontanare la resa dei conti, la più incredibile generosità.
Ma la resa dei conti verrà.
Più la si procrastina peggio sarà.

La manovra della BCE ha già portato l’euro, che si è apprezzato sul dollaro (male per il nostro export) a cadere del 65% rispetto all’oro, il che ha avuto come conseguenza il rialzo di 60 punti, fino al 4% del BOT tedesco, il bund.
Così si vede che cosa è sterco (la carta) e cosa è l’oro (oro).
La BCE non fa la sola cosa che dovrebbe fare: svalutare competitivamente l’euro, per dar fiato alle esportazioni.
E non lo fa perché i suoi servi hanno giurato al padrone USA di tener bordone alla scivolata del dollaro, a costo della rovina per gli europei.
Quanto a Ben Bernanke, il suo soprannome è «helicopter», perché si è detto disposto a gettare dollari dall’elicottero, pur di salvare le borse e il «boom perpetuo» americano (falso).
Ma questo, era qualche anno fa.

Oggi, si trova davanti a un dilemma insolubile.
Da una parte deve mantenere il dollaro, pur calante, con la reputazione di affidabile moneta di riserva, e perciò è premuto ad aumentare i tassi del bond al 5,25%, magari a giugno.
Altrimenti, il calo del dollaro non sarà piano, ma «precipitoso», l’inflazione s’infiammerà fino all’iperinflazione, il costo del debito USA aumenterà, e così l’invincibile oncia d’oro.
Però, una politica monetaria più seria della FED farebbe scoppiare la bolla immobiliare, che fornisce la sola forma di ricchezza residua dei consumatori americani, provocando una recessione storica.

Gli americani infatti sono sempre più poveri.
Se riescono ancora a comprare a man bassa tutto ciò che la Cina produce, è perché il «valore» facciale delle loro case aumenta trionfalmente.
Così si sentono ricchi, ipotecano le case a quel valore inflazionato e spendono il ricavato.
Ma, come ha detto «elicottero» Bernanke il 18 maggio, oltre il 40% dei mutui in essere in America sono oggi «non tradizionali», ossia a tasso variabile, e mutui senza alcun anticipo, debito al 100 %. Ancora un ritocco del tasso primario, e il debito delle famiglie aumenta, aumentano i tassi dei mutui, i ricchi americani si scoprono poveri.
Anzi poverissimi perché devono far fronte a ratei maggiorati «sotto meno favorevoli condizioni» dell’economia di carta, ossia alla fine del boom fittizio, riduzioni dei posti di lavoro, rincari di ogni genere, restrizioni del credito da panico.

Come se la caverà Bernanke?
Forse ha qualche problema di credibilità.
«No», ha assicurato Bush il 5 maggio: «questo tizio è all’altezza, è astuto, è capace.L’ho nominato io».
Detto da Bush, è l’abbraccio della morte.
Anche lui ha qualche problema di credibilità, negli ultimi tempi.

Intanto, in India, il crollo in Borsa ha già messo la polizia in allarme: i suicidi stanno per aumentare. E da noi, i cosiddetti genii della speculazione, quelli che fino a ieri si dipingevano come i capitani intrepidi del rischio finanziario, hanno subìto la già vista metamorfosi in conigli.
Loro che si piccavano di «conoscere il mercato», di capire meglio di tutti l’economia e i suoi algoritmi.
In realtà, la sola vera legge economica che governa la Borsa è antica almeno quanto la febbre dei tulipani olandese.
Si chiama «la legge del più cretino», e funziona così: anche se sai perfettamente che sono sopravvalutate, continui a comprare azioni e materie prime a prezzi fantasticamente crescenti, nella certezza che ci sarà sempre uno «più cretino» a cui appiopparle dopo.
Fino al giorno in cui ti accorgi che il «più cretino» eri tu.

I tuoi soldi? Non esistono!

Qualche giorno fa, mentre frugavo tra le tasche della giacca mi sono ritrovato in mano una vecchia, cara, banconota da 10.000 lire. Guardandola attentamente però mi stupisce una cosa, quella scritta piccola piccola che dice "pagabile a vista al portatore": allora prendo subito un pezzo da 10 euro e... cosa scopro ? Sugli euro quella misteriosa dicitura manca completamente.

Il fatto merita di essere approfondito, e dopo un po' di ricerche vengo a sapere che tutti i contanti che abbiamo, che stiano in tasca, a casa o in banca... non sono nostri ma della Banca Centrale Europea ! Infatti un tempo il denaro rappresentava il diritto di riscuotere presso la banca una determinata quantità di oro, e perciò questi pezzi di carta presero il nome di "note di banco" (poi divenuto "banconote"). Tutto andò avanti così per molto tempo: le banconote non erano mai tue, erano della banca che le aveva emesse, però potevi comunque pretendere una quantità di oro determinata in cambio della moneta. Poi, nel 1944, con gli accordi di Bretton-Woods, si decise che solo le banche centrali, passando tramite il cambio in dollari, potevano fare quest'operazione: gli USA diventavano così gli unici a potere effettuare il cambio diretto cartamoneta-oro (e il dollaro acquisiva quindi un potere enorme). Il 15 agosto 1971 però c’è stato un incredibile cambiamento.

I paesi dell'OPEC avevano deciso che il loro petrolio non doveva più esser pagato in dollari; no, i verdoni non li volevano più, ora volevano esser pagati direttamente in oro. Poco male, direte voi, tanto sono equivalenti e reciprocamente convertibili, no ? E invece no !

Infatti a Fort Knox (il forziere statunitense dove sono custodite le riserve auree ufficiali) gli USA avevano solo una briciola dell'oro necessario per convertire tutti i bigliettoni nel prezioso metallo: cosa diavolo era successo ? In soldoni gli americani avevano stampato dollari dal nulla, come fossero figurine ! Ora però il giocattolo si era rotto, gli arabi si erano impuntati, ed erano pure abbastanza incazzati, il caldo di ferragosto era appiccicoso e il presidente Nixon doveva trovare al più presto una soluzione: decise che gli USA avrebbero sospeso definitivamente la convertibilità del dollaro in oro. Morale della favola, "pagabile a vista al portatore" dal 1971 non ha più alcun significato, e ora quello che ci rimane sono solo dei miseri pezzi di carta che non valgono nulla se non il valore che noi stessi gli attribuiamo, e restano tutti di proprietà della BCE. E allora ? Una risposta chiara l’ha data un esperto della incredibile "truffa monetaria", il prof. Giacinto Auriti: "Allora è giusto che se il denaro viene stampato senza riserva, i proprietari siano coloro che accettano la valuta per convenzione. Chi crea il valore siamo noi", e conclude lanciando una proposta rivoluzionaria: "Insomma, noi diciamo che la moneta all'atto della sua emissione deve essere accreditata e non addebitata agli Stati e ai suoi cittadini". Come dimostrato anche dal controeconomista Domenico de Simone, è oggi possibile, giusto e necessario “regalare” ad ogni cittadino del denaro (senza gravare sulle casse dello Stato!) a titolo di Reddito di Cittadinanza Universale, una somma mensile (se iniziassimo domani potrebbe essere inizialmente di circa 200 euro) che venga attribuita a tutti per il sol fatto di accettare la moneta, un reddito che garantisca davvero il diritto alla vita anche a chi non riesce, non può o non vuole elemosinare un’occupazione imposta, liberando finalmente le forze creative dell'umanità dalla schiavitù del lavoro forzato. Un denaro diverso è possibile. Subito.

Il fallimento del monetarismo

Nonostante la produzione del mondo sia stata in sostanziale crescita, il tenore di vita medio delle popolazioni è rimasto stabile se non si è
ridotto negli ultimi dieci anni. Il risparmio, un tempo motore dell’economia poiché determinante per gli investimenti, si è ridotto se non azzerato per effetto delle difficoltà crescenti delle famiglie a fare fronte con i propri redditi alle spese correnti.
Anche in altri periodi della storia del capitalismo moderno ci sono stati momenti in cui il risparmio non si riusciva a creare, periodi in cui la crescita ristagnava o era negativa. Nei periodi in cui la produzione nazionale cresceva, invece, corrispondeva anche una crescita del risparmio e questo confortava le teorie di allora.
Invece, da circa un decennio, in tutto il mondo occidentale assistiamo ad una caduta del risparmio unita ad una caduta dei redditi, nonostante il prodotto nazionale continui a salire.
Per la verità, in alcuni paesi fortemente industrializzati, come il Giappone ad esempio, la crescita del sistema da molti anni sembra essersi arenata poiché oscilla tra momenti di stagnazione ed altri di lieve recessione.
In Europa e negli Stati Uniti, invece, i dati statistici danno una complessiva crescita del PIL, decisamente più marcata nel continente americano, e allo stesso tempo una grave crisi della formazione del risparmio.
Negli USA, il risparmio è da anni diventato negativo, nonostante tassi di crescita che per effetto della new economy hanno superato il tasso del 6% all’anno, mentre in Europa il risparmio si è di molto ridimensionato fino a raggiungere la crescita zero in alcuni paesi.
Che cosa è successo? Gli occidentali sono diventati improvvisamente scialacquatori, e dopo aver ottenuto la sicurezza alimentare spendono tutto quello che guadagnano in consumi?
Questa non sembra essere la risposta corretta, poiché in effetti anche la domanda di beni di consumo ristagna o cresce in misura ridotta da molti anni. Oltretutto, è notorio che le famiglie dal principio degli anni novanta hanno visto ridurre il proprio reddito ed hanno difficoltà crescenti a sostenere il peso delle spese correnti. Nello stesso periodo le famiglie povere sono aumentate e quella che sembrava una società opulenta per tutti (e oggettivamente lo è ancora rispetto al tenore di vita medio del XIX secolo), è diventata estremamente opulenta solo per pochi.
Altro dato noto, è che larghe fasce di classe media stanno scivolando verso il basso in condizioni di crescente difficoltà.
Le difficoltà della domanda di beni di consumo, ovviamente si riflettono sulla domanda di beni strumentali e le politiche fiscali adottate in occidente non sembrano avere alcuna efficacia.
Politiche diversissime tra di loro se, mentre in Europa si aumentavano in maniera sostanziosa le imposte e si spingeva la gente a fare sacrifici, negli USA è stata adottata la politica opposta di ridurre le imposte e liberalizzare il più possibile il sistema economico.
Ebbene, sia in Europa che negli USA, con una certa sfasatura temporale dovuta alle differenti condizioni economiche e politiche dei due continenti, l’economia ha dapprima rallentato e poi, con l’inizio del nuovo millennio, è entrata in una crisi di grave portata e dall’esito assolutamente incerto, sia per il profilo economico che per quello politico.
Questa situazione non si riesce ad affrontare efficacemente con i tradizionali strumenti di intervento elaborati dal pensiero e dalla pratica economica e finanziaria dopo Keynes. La sensazione sempre più diffusa è che gli strumenti di intervento abbiano del tutto perduto la loro capacità di incidere sull’economia.
Da un lato, la spesa pubblica è fortemente ridotta in Europa dai limiti imposti dall’accordo di Maastricht che impone ai paesi aderenti di raggiungere il pareggio di bilancio entro una data prefissata e comunque di tenere in costante ribasso il deficit annuale.
Negli Stati Uniti, dopo due anni straordinari di gestione in avanzo di bilancio, a seguito di una congiuntura favorevole, che ha visto la riduzione delle spese pubbliche sommarsi ad una stagione eccezionale di guadagni borsistici e di crescita dell’economia, il deficit ha ripreso a salire e con esso il debito pubblico, né questo è valso a far riprendere l’economia statunitense.
D’altra parte, sull’economia americana grava un pesante disavanzo della bilancia dei pagamenti alimentata anche dalla scarsa competitività delle merci statunitensi per effetto della debolezza dell’euro.
Gli interventi sui tassi delle banche centrali europea ed americana, non hanno parimenti prodotto alcuni risultato tangibile. Negli USA, il Presidente della FED, Alan Greenspan, ha tagliato i tassi in rapida successione portandoli dal 6,5% del gennaio 2000 all’1,50% dell’ottobre 2002. Nonostante ciò, l’economia non solo non si è ripresa, ma continua a dare segni sconfortanti agli operatori finanziari ed economici e ad aggravare il clima di sfiducia che si è creato circa la ripresa dell’economia e intorno alle sue istituzioni.
Le peggiori previsioni sull’andamento dei corsi borsistici si sono realizzate nello sconforto generale, e non sembra affatto che si sia raggiunto il fondo della discesa.
Insomma, né gli interventi monetari, né le iniezioni di liquidità possibili per effetto della spesa pubblica in deficit, hanno portato ad alcun risultato tangibile.
La BCE, per sostenere il deprimente corso dell’euro, ha tenuto i tassi ad un livello decisamente più elevato del dollaro, e anche questo, oltre ai vincoli portati dall’accordo di Maastricht non ha favorito la ripresa dell’economia europea che ogni anno viene rinviata a quello successivo, tra l’imbarazzo (si fa per dire) delle autorità responsabili, lo sconforto degli operatori economici, e l’irritazione crescente della gente comune, che comincia seriamente a dubitare dell’attendibilità di governi, economisti e persino di istituzioni tradizionalmente attendibili come l’ISTAT.
L’effetto più evidente della crisi è proprio quello della debolezza cronica della domanda. Così come nel ’29, le aziende hanno i magazzini pieni, ma mancano i soldi per acquistarle, nonostante le favorevoli condizioni cui molte merci sono offerte.
In molti settori dell’economia di produzione si sta verificando una situazione di grave deflazione, insieme ad una accelerazione dei prezzi di altri beni, in genere di beni durevoli o di investimento come gli immobili.
Gli investimenti in borsa, dopo la sbornia speculativa dell’inizio del secolo, hanno subito un drastico ridimensionamento in tutto il mondo che in alcuni settori ha assunto la dimensione del crollo.
Insomma chi ha i soldi se li tiene o al più li investe in immobili, con questo contribuendo al rallentamento della velocità di circolazione della moneta.
Ogni tanto si assiste a fiammate speculative in un settore o in un altro, ovvero da un paese all’altro, subito seguite da rapidissime fughe degli investitori speculatori. Alla fuga, segue il disastro economico del settore o del paese.
E’ una nuova specie di quella trappola della liquidità che fu lucidamente analizzata da Keynes. I soldi ci sono, ma non vengono spesi e il clima di sfiducia che genera la mancanza di investimenti produce altra sfiducia ed altra tesaurizzazione con conseguente aggravamento della crisi.
Ovviamente la liquidità esistente è concentrata in poche mani ed è essenzialmente generata nel debito, poiché lo strumento principale per la creazione di moneta nel nostro sistema è appunto il debito.
La situazione è apparentemente senza via d’uscita. Da un lato le autorità monetarie non possono creare troppa moneta perché questa genererebbe un’ondata di inflazione, e dall’altra senza denaro in circolazione le imprese non possono fare investimenti e creare nuova ricchezza. Il denaro esistente o viene “bruciato” in attività speculative che si risolvono in una brusca caduta dei prezzi degli strumenti finanziari (come in borsa) oppure alimenta ondate inflattive gonfiando i prezzi in determinati settori dell’economia [24] . Senza gli investimenti le imprese sono costrette a ridimensionarsi e a ridurre il personale e questo produce una ulteriore contrazione della domanda ed aggrava la crisi economica.

Le nuove monete fai-da-te

Dilagano le monete fai-da-te: alternative allo yen, servono per barattare beni e servizi.
E hanno i nomi più disparati.

Giappone, per spesa e babysitter bastano pochi spiccioli d'"amore"
L'obiettivo è far riprendere l'economia e rinsaldare le relazioni sociali
di ALESSANDRA RETICO

L'AMORE, dicono, non si compra coi soldi. Ma con l'amore si possono comprare: scarpe, lezioni di inglese, riso, una bella orata. Vale tanto l'amore. Ma solo in Giappone, a Yamato City (vicino Tokyo), dove "Rabu", appunto "amore" in giapponese, non è fatto di colpi al cuore e rintocchi di campane, ma di metallo o carta come gli altri soldi. L'"amore" è infatti la più recente delle monete che negli ultimi anni circolano con sempre maggiori consensi in ben 130 comunità giapponesi accanto allo yen e alle carte di credito.

Ed è ben più di una moneta in senso stretto: è una sorta di cambiale, un "pagherò" che somma un valore oggettivo e un altro, diciamo così, spirituale. L'"amore", come la "nocciolina" e il "grazie" in altre comunità cittadine del Sol Levante, è anzi soprattutto un messaggio: di scambio, di comunicazione, di reciproca benevolenza e assistenza. Come anticamente il baratto, con queste monete si scambiano servizi e beni. L'ambizione, ridare "corpo" al denaro che assegni, carte di credito et similia che hanno reso volatile e astratto. Vorrebbero, "amore" e spiccioli vari, soprattutto spingere la gente a riallacciare e "riscaldare" i legami sociali che le città, col loro carico di alienazione, hanno rinfiacchito.

Sarebbe ingenuo negare uno scopo più prosaico nella diffusione di queste "valute" che le stesse amministrazioni comunali promuovono: in un Giappone "depresso" dalla recessione economica questa è una via alternativa alla ripresa dei consumi. E l'obiettivo è centrato specie in quelle città dove la popolazione è più anziana: la "moneta baratto" invoglia i pensionati a spendere molto di più che non lo yen, una tesserina di plastica e, figuriamoci, una transazione via Internet.

A dire dell'"iper-significato" di monete simili, i loro nomi: mentre a Yamato City "amore" ha conquistato come una freccia di Cupido ben 90 mila tra commercianti e residenti, i cittadini delle isole di Okawa comunicano con tanti "grazie" (nel dialetto locale "dan dans") e a Tamagawa city mettono mano ai locali "bamboo". A Takurazuka con 1000 "zuka", moneta lanciata due anni fa da un'organizzazione di volontariato, si possono comprare 30 minuti di giardinaggio, di babysitteraggio o di consigli.

Lo scorso anno Kamagasaki, Osaka, dove c'è la più alta percentuale di homeless in Giappone, ha introdotto il kama: durante il festival estivo della città le autorità hanno pagato con questa moneta - che può essere usata per comprare birra - in cambio della raccolta di lattine vuote. A Chiba la gente lavora per guadagnarsi "noccioline", moneta che ha preso il nome dal prodotto locale più famoso.

E' chiaro, ce ne vuole per sgranocchiare "noccioline". Come gli altri, il sistema monetario delle "noccioline" è ridotto in scala ma sta crescendo molto negli utlimi tempi. "Lo scorso mese 540 residenti e 50 negozi hanno adottato le "noccioline" e nell'ultimo anno gli utenti sono raddoppiati" racconta al Guardian Mitsuya Katsushi, membro del Community-Building Support Centre. I negozianti si dicono soddisfatti facendo i conti in cassa con una crescita del 5% delle vendite in tre anni, cioè dall'introduzione della nuova moneta. Ma il guadagno maggiore, assicurano in città, è nella conviviualità perché tra le regole del buon uso della moneta c'è quella di scuotere le "noccioline" tra le mani e dire "amigo" (in spagnolo) ogniqualvolta si fa una transazione.

Per il Sawayaka Welfare Centre, un gruppo di volontari che sta promuovendo la diffusione delle monete regionali, il successo di questo tipo di denaro riflette un cambiamento sociale molto forte. Alla perdita di intimità nelle comunità urbane e dunque alla vergogna di chiedere favori, "questo genere di monete rispondono stimolando le persone a condividere servizi e stringere più profonde relazioni", secondo Yasushi Inose, portavoce del gruppo.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Se "amore" vorrebbe "sostituirsi completamente e definitivamente allo yen", come confessa Tomoyuki Akiyama, sostenitore del "rabu", per gli economisti l'avanzata di questi sistemi monetari misti è segno di una sfiducia delle autorità municipali nella struttura finanziaria del Paese. "Si tratta di una sorta di fuga dei capitali" per Noriko Hama del Mitsubishi Research Institute. Senza parlare del fatto che "amore", "noccioline" e "grazie" mentre dicono di volerla combattere, conducono a una nuova e ulteriore estraneità della gente rispetto ai soldi. E a imprevedibili inconvenienti e imbarazzi: come dire ad esempio a qualcuno "dammi amore" se quello sta solo comprando sushi?